L’Arcadia in Brenta, libretto, Bologna, Borghi, 1751

 ATTO SECONDO
 
 SCENA PRIMA
 
 Tutti
 
 CONTE
 Dai lacci neghittosi del silenzio
 scattenando la lingua,
 qual monarca di dive e semidei,
 do glorioso principio a' cenni miei.
 FABRIZIO
575Signor principe caro,
 il povero Fabrizio
 li manda un memoriale a cui lo prega
 comandar ai pastor che per servizio
 lascian qualche ninfa anche a Fabrizio.
 CONTE
580Giuste le preci son ma non è giusto
 delle ninfe arbitrar, quella sia vostra
 che inclinata e procliva a voi si mostra.
 FABRIZIO
 Tutte vorranno me.
 ROSANA
                                      Sarei contenta
 se del signor Fabrizio
585foss'io la ninfa eletta
 ma non vuo' disgustar la mia Lauretta.
 LAURA
 Eh no no, già che vedo
 che a voi piace quel viso, io ve lo cedo.
 FABRIZIO
 E fra i due litiganti il terzo goda.
590Io sarò di madama,
 se mi vuol, se mi brama.
 LINDORA
 Vi domando perdono,
 non mi vuo' scomodar di dove sono.
 FABRIZIO
 Dunque dovrò star senza?
 GIACINTO
595Voi dovete soffrire.
 FORESTO
                                      E aver pazienza.
 FABRIZIO
 (Maledetti! Mi mangiano le coste
 e penar mi conviene?)
 CONTE
 Da l'arcadico trono,
 a cui per vostro dono io sono alzato,
600due comandi vi do tutti in un fiato;
 primo: ciascuna ninfa
 scelga il pastor, di tutti alla presenza,
 ma non vuo' che Fabrizio resti senza.
 Secondo: quel pastor che sarà eletto
605con qualche regaletto
 riconosca la ninfa
 e lei, come il dovere,
 del regallo disponga a suo piacere.
 FABRIZIO
 Bravo, vi lodo.
 ROSANA
610D'un tal comando io godo.
 Potrò senza riguardi
 il mio genio svelar.
 GIACINTO
                                      Già mia voi siete!
 ROSANA
 Deh lasciate ch'io finga e non temete.
 FABRIZIO
 Lasciatela parlar.
 ROSANA
                                  Se mi concede
615il sospirato onore,
 sarà il signor Fabrizio il mio pastore.
 FABRIZIO
 E viva, ah che ne dite?
 O che gioia, o che diletto,
 per la mia pastorella oggi v'accetto.
 LAURA
620Piano, piano di grazia, padron mio,
 che ci pretendo anch'io.
 Or che non v'è riparo,
 la maschera mi levo e parlo chiaro.
 V'ho scelto nel mio core
625di già per mio pastore
 e se voi non mi volete
 impazzir e crepar voi mi vedrete.
 FORESTO
 (So che finge). Ma come, si Rosana...
 ROSANA
 Io Fabrizio pretendo.
 LAURA
630Di cedere Fabrizio io non intendo.
 FABRIZIO
 Signor principe, questo è un brutto imbroglio.
 CONTE
 Da l'arcadico soglio
 così decido e voglio:
 per consolar delle due ninfe il core,
635abbian due pastorelle un sol pastore.
 FABRIZIO
 E viva, bravo per mia fé.
 LINDORA
 Dunque, signor Fabrizio,
 s'ella dice da vero e non ischerza,
 io fra le ninfe sue sarò la terza.
 FABRIZIO
640Venga la quarta ancor, mi fa servizio.
 Non mi perdo per folle, io son Fabrizio.
 Levatevi di qua,
 luogo per voi non c'è,
 una volta per uno, tocca a me.
 CONTE
645Olà, suddito nostro,
 fermatevi per ora.
 Non è finito ancora.
 Se voi pastor delle tre ninfe siete,
 regalar le tre ninfe ora dovete.
 FABRIZIO
650Oimè sono imbrogliato,
 questo favor mi costarà salato.
 GIACINTO
 Su via, fatevi onore.
 FORESTO
 Via, portatevi ben, signor pastore.
 FABRIZIO
 A voi, Rosanna bella,
655mia cara pastorella,
 perché mi brilla in sen il cor contento,
 questo picciol brillante io vi presento.
 ROSANA
 È molto spiritoso e molto bello,
 brilla come che a voi brilla il cervello.
 FABRIZIO
660Grazie a lei, ah, Lauretta,
 graziosa, vezzosetta,
 per cui ognor tormentato sono,
 questo orologio d'or presento in dono.
 LAURA
 Il vostro dono accetto
665e contemplar prometto
 in lui la vostra amabile figura,
 perché voi siete tondo di natura.
 FABRIZIO
 Obligato. A madama,
 perché si guardi dalla stranutiglia,
670le do una tabacchiera di Siviglia.
 LINDORA
 Ed io, che v'amo tanto, bramerei
 che in questa tabacchiera,
 per poterne goder a tutte l'ore,
 fosse polverizzato il vostro core.
 FABRIZIO
675Che bontà! Che finezze!
 CONTE
                                              Or di quei doni
 ne disponga ciascuna a suo talento
 e faccia al donator un complimento.
 ROSANA
 Io pongo quest'anello
 nelle man di Giacinto
680e dico al donatore
 ch'io lo delusi e questo è il mio pastore.
 FABRIZIO
 Come!
 LAURA
                Quest'orologio
 a Foresto consegno
 e al donatore io dico
685che già di lui non me n'importa un fico.
 FABRIZIO
 Che! Che!
 LINDORA
                      La tabacchiera
 al principe presento e mio pastore,
 perché quel tabaccaccio mi fa male
 e chi me l'ha donato è un animale.
 CONTE
690Viva il signor Fabrizio.
 GIACINTO
 Si rallegriam con lei.
 FABRIZIO
 Che siate maledetti tutti sei.
 
    Corpo del diavolo,
 parmi un po' troppo.
695Che! Sono un cavolo?
 Son gentiluomo
 del mio paese,
 io fo le spese,
 io son padrone.
700Che impertinenza!
 Che prepotenza!
 Come? Che dite?
 Eh padron mio,
 basta così.
 
705   La vuo' finire,
 me ne vogl'ire.
 Signore ninfe,
 gnori pastori,
 bon viaggio a loro.
710Che? Non gli piace?
 Se n'anderanno,
 signori sì.
 
 SCENA II
 
 Tutti, fuorché Fabrizio
 
 FORESTO
 Signori, con licenza,
 vuo' seguitar Fabrizio. Egli è arrabiato,
715vuo' veder di placarlo e a dirla schietta,
 tutto il torto non ha. Ma questo è il frutto
 di chi vuol far di più del proprio stato;
 spende, soffre, non gode ed è burlato.
 LINDORA
 Io rido quando vedo
720certi pazzi che fan gl'innamorati
 e credon col contante
 render la donna amante.
 Quando il genio non v'è, non fano niente.
 Si lascian nell'inganno
725e se si voglian rovinar suo danno.
 LAURA
 In quanto a questo poi,
 non dico come voi,
 non dono e non accetto
 e per non ingannar nulla prometto.
 LINDORA
730Parliam d'altro di grazia.
 CONTE
                                                Deh, madama,
 andiam per questi deliziosi colli,
 co' vostri bei colori
 la vil bellezza a svergognar de' fiori.
 ROSANA
 Che parlar caricato.
 GIACINTO
735E pur così affettato
 vi dovrebbe piacer.
 ROSANA
                                      Per qual ragione?
 GIACINTO
 Piace alle donne assai l'adulazione.
 CONTE
 Concedete ch'io possa
 regger col braccio mio...
 LAURA
740Eh, signor conte mio,
 lei parte con madama,
 Rosana se n'andrà col suo Giacinto
 ed io resterò sola?
 Lei di cavaleria non sa la scuola.
 CONTE
745Ha ragione,
 io sono un mentecato, io sono un bue.
 Servirò, se 'l permette, a tutti due.
 LAURA
 Sì, madama l'accorda?
 LINDORA
                                            Io nol contendo.
 LAURA
 Io son contenta e le sue grazie attendo.
 CONTE
750Eccomi. Favorisca, faccia grazia.
 Su l'umil braccio mio poggi la mano.
 LINDORA
 Caminate più presto.
 LAURA
                                          Andate piano.
 GIACINTO
 Son godibili assai.
 ROSANA
 Più grazioso piacer non vidi mai.
 LINDORA
755Mo via, non vi movete?
 CONTE
                                             Eccomi lesto.
 LAURA
 Non andate sì presto,
 di già voi mi stroppiate.
 LINDORA
 Con questo andar sì pian, voi m'amazzate.
 GIACINTO
 O belli.
 ROSANA
                 O cari.
 CONTE
                                Io sono
760nel terribile impegno. Via, Lauretta,
 un tantin più presto
 e voi, cara madama, un tantin piano.
 LINDORA
 Più piano di così mi vien la morte.
 LAURA
 Vi dico ch'io non posso andar sì forte.
 CONTE
 
765   Questa forte e quella piano,
 l'una tira e l'altra mola,
 non so più cosa mi far.
 Favoriscano la mano,
 anderò come potrò.
 
770   Forti, saldi,
 vada pur ciascuna sola,
 io gli sono servitor.
 
 SCENA III
 
 ROSANA, GIACINTO, LINDORA, LAURETTA
 
 GIACINTO
 Ah ah, che bella cosa!
 ROSANA
 (Cosa invero piacevole e gustosa!)
 LAURA
775Madama, andate pian quanto volete.
 Per non venir in vostra compagnia,
 vi faccio riverenza e vado via.
 LINDORA
 Oibò? Correr sì forte
 non convien per certo ad una dama.
780Affettar noi dobbiam, per separarci
 dalla gente ordinaria,
 una delicatezza estraordinaria.
 
 SCENA IV
 
 ROSANA, GIACINTO
 
 ROSANA
 Bei caratteri al certo.
 GIACINTO
                                         Anzi belissimi.
 Io, che stolto non son, scelta ho per ninfa
785donna di senno e di beltà.
 ROSANA
                                                  Di grazia,
 non seguite anche voi quel vil costume
 di adular per piacere.
 GIACINTO
                                          Ah nol temete;
 io vi stimo assai più che non credete.
 ROSANA
 Per or godo l'onore
790che siate mio pastore
 ma terminata poi l'Arcadia nostra,
 pastorella non son, non son più vostra.
 GIACINTO
 Chi sa, se non sdegnate
 di chi v'adora il core,
795io per sempre sarò vostro pastore.
 ROSANA
 Felicissima Arcadia allor direi,
 se tutti i giorni miei
 lieta passar potessi al colle, al prato,
 col mio pastor, col mio Giacinto allato.
 
800   Se di quest'alma i voti
 ascolta il dio d'amor,
 lieto sarà il mio cor,
 sarò felice.
 
    Per or di più non dico
805ma forse un dì verrà
 che il labbro dir potrà
 quel ch'or non dico.
 
 SCENA V
 
 GIACINTO solo
 
 GIACINTO
 Purtroppo è ver che s'introduce il foco
 d'amor ne' nostri petti a poco a poco.
810Queste villeggiature
 in cui sì francamente
 tratta e conversa ognun di vario sesso,
 queste cagionan spesso
 nella stagion di temperati ardori
815impegni, servitù, dolcezza, amori.
 
    Per passar dagl'occhi al core
 apre il varco al dio d'amore
 la moderna libertà.
 
    Anche amore andria sommesso
820se si usasse col bel sesso
 la primiera austerità.
 
 SCENA VI
 
 Camera.
 
 FABRIZIO e FORESTO
 
 FABRIZIO
 Non vuo' sentire.
 FORESTO
                                  Eh via, signor Fabrizio,
 siete un uom di giudizio,
 siete un uomo civile,
825non fate che vi domini la bile.
 FABRIZIO
 Che bile? Che m'andate
 bilando e strabilando!
 Ve ne dovete andar qualor vi mando.
 FORESTO
 Finalmente fu scherzo.
 FABRIZIO
830Sì, fu scherzo ma intanto
 l'orologgio, la scatola e l'anello
 non si vedono più.
 FORESTO
                                     Siete in errore;
 eccovi l'orologio,
 la scatola e l'anello.
835Ciò ch'ha di vostro ognun di noi vi rende
 né d'usurpar il vostro alcun pretende. (Gli dà l’orologio, la scattola e l’anello)
 FABRIZIO
 Eh non dico, non dico ma vedermi
 strapazzato e deriso...
 FORESTO
 Lo fan sul vostro viso
840per prendersi piacer ma dietro poi
 le vostre spalle ognun vi reca lode.
 E del vostro buon cuor favella e gode.
 FABRIZIO
 Son bon amico e faccio
 quel che posso.
 FORESTO
                               A proposito,
845che facciam questa sera?
 La carrozza è venduta,
 sono andati i cavalli
 e da cena non v'è.
 FABRIZIO
                                   Come? In un giorno
 tanti bei ducatoni sono andati?
 FORESTO
850I debiti si son pagati.
 FABRIZIO
 Io non so che mi far.
 FORESTO
 Sotrarvi non potete.
 FABRIZIO
 Consigliatemi voi, se lo sapete.
 FORESTO
 L'orologio e l'anelo
855si potrian impegnar.
 FABRIZIO
                                         Sì, dite bene.
 FORESTO
 Ma non so se denaro
 si troverà abbastanza.
 FABRIZIO
                                           Ecco, prendete
 questa scatola ancora,
 altro più non mi resta,
860Foresto caro, a terminar la festa.
 FORESTO
 Siete un grand'uom! Peccato
 non abbiate il tesor maggior del mondo
 (che presto noi li vedressimo il fondo).
 Vado a trovar il denaro
865e tosto a voi ritorno.
 Un certo non so che si va ideando.
 Qualor torno saprete il come e il quando.
 
 SCENA VII
 
 FABRIZIO e LINDORA
 
 FABRIZIO
 Tutto va ben. Lo so che mi rovino.
 Ma non importa. Almen anch'io godessi
870da coteste mie ninfe traditore
 un qualche segno di pietoso amore.
 LINDORA
 Signor Fabrizio.
 FABRIZIO
                                 (Questa, a dir il vero,
 mi par troppo suffistica).
 LINDORA
                                                 Non sente?
 Signor Fabrizio.
 FABRIZIO
                                 Io non ricuserei
875di fare un poco il cicisbeo con lei.
 LINDORA
 Signor Fa... bri... zio...
 FABRIZIO
                                           O cielo, mi perdoni,
 non l'avevo sentito.
 LINDORA
 Ho gridato sì forte che la gola
 mi si è tutta infiammata.
880Quasi in petto una vena m'è crepata.
 FABRIZIO
 Cancaro, se ne guardi.
 LINDORA
 Sederei volontieri
 ma questa sedia è dura indiavolata,
 sul morbido seder son avvezzata.
 FABRIZIO
885Ehi dico, ehi recca tosto
 una sedia miglior.
 LINDORA
                                    Molto obbligata.
 FABRIZIO
 Sieda qui, starà meglio.
 LINDORA
                                              Oibò, è sì dura
 cotesta imbuttidura
 ch'io non posso sperar di starvi bene.
 FABRIZIO
890Rimediarvi convien.
 Porta la mia poltrona.
 LINDORA
 Compatisca, o signor.
 FABRIZIO
 Eccola, è padrona,
 se ne servi.
 LINDORA
                        O peggio, peggio.
895No no, non me ne curo,
 il guancial di vachetta è troppo duro.
 FABRIZIO
 Eh corpo d'un giudio.
 Ora la servo io.
 LINDORA
                               Portate via
 la sedia ed il guanciale,
900che l'odor di vachetta mi fa male.
 FABRIZIO
 Eccole un mattarazzo,
 di più non posso far.
 LINDORA
                                        Quest'è un strapazzo,
 lo conosco, lo so; ah non credevo
 dover soffrir cotanto.
905Io creppo dalle risa e fingo il pianto.
 
    Voglio andar... Non vo' più star,
 più beffata esser non vo';
 signorsì, me n'anderò.
 Sono tanto tenerina
910che ogni cosa mi scompone
 e voi siete la cagione
 che mi fate lacrimar.
 
 SCENA VIII
 
 FABRIZIO e poi FORESTO
 
 FABRIZIO
 Si contenga chi può. Corpo del diavolo,
 non ne potevo più.
 FORESTO
                                     Signor Fabrizio,
915il principe d'Arcadia ha comandato
 che dobbiam recitare all'improvviso
 stasera una comedia.
 FABRIZIO
                                         Io non ne so.
 FORESTO
 Non temete che vi concerterò.
 Giacinto è destinato
920da far da innamorato,
 da innamorata dovrà far madama.
 Lauretta la serva, il nostro conte
 farà da genitore
 e voi dovrete far da servitore.
 FABRIZIO
925Da servitore?
 FORESTO
                            Cioè la parte buffa.
 FABRIZIO
 Il buffo dovrò far? Questo è un mestiere
 ch'è difficile assai.
 Per far ridere i pazzi
 non vi vuol grand'ingegno
930ma per far rider i savi è un grande impegno.
 FORESTO
 Già s'avanza la notte,
 andatevi a vestir, ch'io venerò.
 FABRIZIO
 Farò quel che potrò.
 Mi dispiace il parlar all'improviso,
935se fosse una comedia almen studiata,
 si potrebbe salvar il recitante,
 dicendo che il poeta è un ignorante!
 
 SCENA IX
 
 FORESTO solo
 
 FORESTO
 Certo, non dice mal, sogliono tutti
 gettar la colpa su la schiena altrui.
940Se un'opera va mal, dice il poeta:
 «La mia composizion è buona e bella,
 quel ch'ha fallato è il mastro di capella».
 E questo d'aver fatto
 gran musica si vanta
945e che il diffetto vien da chi la canta,
 infine l'impresario,
 senza saper qual siasi la cagione,
 se ne va dolcemente in perdizione.
 
 SCENA X
 
 GIACINTO col nome di Cintio e FABRIZIO da Pulicinella, LAURETTA da Colombina, LINDORA col nome di Diana e infine il CONTE da Pantalone
 
 GIACINTO
 Seguimi, Pulcinella.
 FABRIZIO
                                       Eccome cà.
 GIACINTO
950Sicome un'alta nube
 s'oppone al sole e l'ampia terra oscura,
 così da quelle mura
 coperto il mio bel sol cui l'altro cede,
 l'occhio mio più non vede, ond'è che afflitto
955i nuovi raggi del mio sole attendo.
 FABRIZIO
 Tu me parla tedisca, io non t'intendo.
 GIACINTO
 Fedelissimo servo,
 batti tu a quella porta.
 FABRIZIO
 A quale porta?
 GIACINTO
                              A quella.
 FABRIZIO
                                                 Io non la vedo.
 GIACINTO
960Finger dei che vi sia.
 Invece della porta,
 in un quadro si batte o in una sedia,
 come i comici fanno alla comedia.
 FABRIZIO
 Aggio caputo ma fame na grazia;
965pe che da tozzolare aggio alla porta?
 GIACINTO
 Acciò che la mia bella
 venga meco a parlar.
 FABRIZIO
                                         Cà su la strada?
 GIACINTO
 È ver, non istà bene
 che facciano l'amor sopra la strada
970civili onesti amanti
 ma ciò sogliono usar i commedianti.
 FABRIZIO
 Sì sì, tozollerò ma se qualcuno,
 quando ho battuto io, battesse me?
 GIACINTO
 Lascia far, non importa, io son per te.
 FABRIZIO
975O de casa.
 LAURA
                      Chi batte?
 FABRIZIO
                                            Songo io.
 LAURA
 Serva sua, signor mio.
 FABRIZIO
 Padron, chisa è per me.
 GIACINTO
                                              Chi siete voi,
 quella giovine bella?
 LAURA
 Io sono Colombina Menarella.
 GIACINTO
980Di Diana cameriera?
 LAURA
 Per servir a vusustrissima.
 FABRIZIO
 Obregato, obregato.
 GIACINTO
                                       Deh vi priego.
 Chiamatela di grazia.
 LAURA
                                          Ora la servo.
 CONTE
 Colombina.
 LAURA
                         Oimè questo è il padrone.
 FABRIZIO
985Managgia Pantalone.
 GIACINTO
 Ritiriamoci tosto.
 FABRIZIO
 Possa esser Pantalone fatto arrosto.
 CONTE
 Cosa se, Colombina,
 cosa se, fantolina,
990cosa fasto in strada?
 LAURA
                                        Ero venuta
 per il spazzacamino.
 CONTE
 Se ti ha qualche cammin da governar,
 se ben che mi son veggio
 e non posso andar,
995co se tratta de ti, sì l'averia,
 coccoletta, chiamado mi.
 LAURA
 Caro signor padrone,
 mi fate vergognare.
 CONTE
 Caro quel caro viso bello
1000per te, viscere mie, perdo il cervello.
 
    Per ti, mia coccoletta,
 amor drento del petto
 sunando il ciufoletto,
 la bella furlanetta,
1005con piacer mi fa ballar.
 
    E via, senti, para, via.
 Ah viscerete care,
 ah che non posso più.
 
 GIACINTO
 È andato.
 FABRIZIO
                     Fosse acciso.
 GIACINTO
1010Chiamatela di grazia.
 LAURA
                                          Ora la servo.
 FABRIZIO
 Sienteme, piegorella,
 vienence ancora tu,
 che se devertiremmo fra de nuie.
 LAURA
 Sì sì, quest'è l'usanza,
1015se i padroni fra lor fanno l'amore,
 fa l'amor colla serva il servitore.
 
    Il padron con la padrona
 fan l'amor con nobiltà.
 Noi andiamo già alla buona
1020senza tanta civiltà.
 
    Dicon quegli: «Idolo mio,
 peno, moro, smanio, o dio».
 Noi diciam senz'altre pene:
 «Mi vuoi ben, ti voglio bene»;
1025e facciamo presto presto
 tutto quel che s'ha da far.
 
    Dicon lor ch'è un gran tormento
 quell'amor che accende il core;
 diciam noi ch'è un gran contento
1030quel che al cor ci reca amore.
 Ma il divario da che viene,
 perché han quei mille riguardi,
 penan molto e parlan tardi.
 Noi diciam quel che conviene
1035senza tanto sospirar. (Parte)
 
 GIACINTO
 Ti piace, Pulcinella?
 FABRIZIO
 A chi non piacerebbe Menarella?
 GIACINTO
 Ecco che vien quel bel che m'innamora.
 FABRIZIO
 Con essa viene Menarella ancora.
 GIACINTO
1040Venite, idolo mio,
 venite per pietà.
 LINDORA
 Vengo, vengo, mio ben; eccomi qua.
 GIACINTO
 Voi siete il mio tesoro.
 LINDORA
 Per voi languisco e moro.
 FABRIZIO
1045Ah tu sei la mia bella.
 LAURA
 E voi siete il mio caro Pulcinella.
 GIACINTO
 A voi ho donato il core.
 LINDORA
 Ardo per voi d'amore.
 FABRIZIO
 Per te mi sento lo Vesuvio in petto.
 LAURA
1050Cotto è il mio core al foco dell'affetto.
 GIACINTO
 
    Vezzosetta, mia diletta.
 
 FABRIZIO
 
 Menarella, mia caretta.
 
 LINDORA
 
 Cintio caro, Cintio mio.
 
 LAURA
 
 Pulcinella bello mio.
 
 A DUE
 
1055Che contento, che diletto.
 
 A QUATTRO
 
 Vien, mio bene, a questo petto,
 ch'io ti voglio un po' abbracciar.
 
 CONTE
 
    Ola, ola, cosa feu?
 Abbrazzai? Cagadonai?
1060Via caveve, via de qua.
 
 LINDORA
 
    Io m'inchino al genitore.
 
 GIACINTO
 
 La riverisco, o mio signore.
 
 LAURA
 
 Serva sua, signor padrone.
 
 FABRIZIO
 
 Te so' schiavo, Pantalone.
 
 CONTE
 
1065El zirandonarve attorno,
 tutti andeve a far squartar.
 
 GIACINTO
 
    Vuol ch'io vada?
 
 CONTE
 
                                    Mi ve mando.
 
 FABRIZIO
 
 Vado anch'io?
 
 CONTE
 
                             Mi t'ho mandao.
 
 GIACINTO
 
 Anderò con la mia bella.
 
 FABRIZIO
 
1070Anderò con Menarella.
 
 A DUE
 
 Io contenta venirò.
 
 CONTE
 
 Via, tolé sto canelao,
 colle putte? O questo no.
 
 LINDORA
 
    Signor padre, per pietà.
 
 LAURA
 
1075Signor padron, per carità.
 
 GIACINTO
 
 Deh vi supplico ancor io.
 
 FABRIZIO
 
 Pantalone, padron mio.
 
 CONTE
 
 Duro star non posso più.
 Via, mattazzi, leveve su.
 
 A QUATTRO
 
1080   Io vi priego.
 
 CONTE
 
                             Zito là.
 
 A QUATTRO
 
 Vi scongiuro.
 
 CONTE
 
                           Vegnì qua.
 
    Cari fioi, deve la man.
 Alla fin son venezian,
 m'avé mosso a compassion.
 
 A QUATTRO
 
1085Viva, viva Pantalon.
 
 A CINQUE
 
    Viva, viva il dolce affetto.
 Viva, viva quel diletto
 che produce un vero amor,
 che consola il nostro cor.
 
 Fine dell’atto secondo